Per quanto riguarda un primo approccio intuitivo del transistor e anche il concetto di polarizzazione, avevo risposto qui:
https://answersrip.com/question/index?qid=20080603083245AARnykJ&show=7#profile-info-p0qeXvxkaa
Nello specifico devi distinguere bene di che transistor ti occupi: i principali sono BJT e MOSFET.
Il primo è un ottimo amplificatore, in quanto possiede una transcoddutanza elevata (rapporto tra corrente di uscita e tensione di ingresso), maggiore del mosfet.
È però meno conveniente da integrare inoltre in bassa frequenza ha resistenza di ingresso finita, dovuta al fatto che nella base entra corrente (poca comunque).
Il suo rivale MOSFET presenta alta impedenza (infinita) in ingresso alle basse frequenze ma ha guadagni minori (parlo sempre della transconduttanza) e ha letteralmente soppiantato il BJT per quanto riguarda i circuiti integrati.
La motivazione risiede nel fatto che il livello di integrazione richiesto soprattutto dai sistemi digitali ha raggiunto dei livelli enormi.
Un amplificatore ideale ha: guadagno alto, resistenza di ingresso infinita (perchè così per la legge del partitore non assorbe corrente e quindi parte della tensione non cade sulla resistenza di uscita del generatore a monte), resistenza di uscita nulla (in modo da pilotare qualsiasi tipo di carico senza variare il proprio guadagno).
Il BJT per essere sfruttato come amplificatore deve essere polarizzato in zona lineare diretta (RND): in questo caso fornisce alte correnti in uscita al fronte di piccole correnti in ingresso. Sempre per sfruttare la sua funzione di amplificatore bisogna evitare la sua saturazione (che avviene quando la giunzione collettore base risulta polarizzata direttamente).
Il MOSFET invece amplifica solo in zona di SATURAZIONE (la sua tensione di drain è maggiore della tensione di gate a cui è sottratta la tensione di attivazione Vt, solitamente sui 0,7 volt).
Il MOSFET è anche il transistor più utilizzato nell'elettronica digitale, dove viene fatto lavorare in zone estreme: in pratica ti preoccupi che sia acceso o spento più che amplifichi, proprio perchè sei interessato ai valori alto o basso.
Per quanto riguarda il modello ibrido è un discorso inerente ai piccoli segnali (ovvero una volta polarizzato il transistor, per piccole sollecitazioni può essere reso lineare e risolto con leggi algebriche: nota che ai grandi segnali le equazioni risolutive sono di tipo esponenziale per il BJT e quadratiche per il MOSFET, proprio perchè il transitor è un componente NON LINEARE). Linearizzato in un punto di lavoro il transistor può essere visto come una scatola a 2 porte (di cui un piedino è in comune tra ingresso e uscita) dove definisci tensioni di ingresso/uscita e correnti di ingresso/uscita.
Il modello equivalente sfrutta i circuiti elementari dell'elettrotecnica: in particolare simulerai la resistenza di ingresso ad esempio con un normalissimo resistore e il guadagno ad esempio con un generatore pilotato di coefficiente definito.
Potrai avere diversi modelli:
Uno ad esempio
Vi=Ri*Ii + Rr*Io
Vo=Rf*Ii + Ro*Io
i e o sono i pedici ingresso e uscita. Queste due equazioni caratterizzano completamente il tuo transistor visto come un due porte lineare.
In questo caso si parla di matrice delle resistenze.
Se scambi le correnti con le tensioni ottieni un modello a conduttanza.
Un modello ibrido
Vi=Hi*Ii + Hr*Vo
Io=Hf*Ii + Ho*Vo
Hi resistenza di ingresso con uscita in corto circuito (Ohm)
Hr amplificazione inversa a vuoto (adimensionale)
Hf rapporto tra correnti di uscita e di ingresso con uscita in corto circuito (adimensionale)
Ho conduttanza di ingresso con ingresso a vuoto (Siemens)
A livello teorico un modello vale l'altro, dipende principalmente da che valori nel tuo circuito sei interessato: ad esempio per circuiti in cui analizzi molti componenti in parallelo è utile un modello a conduttanze in quanto puoi sommarle direttamente.
Dalle matrici (ibride, resistenze, conduttanze) si ricavano funzioni come il guadagno di tensione, di corrente, l'impedenza di ingresso, di uscita ecc. che sono dette funzioni di rete e spesso risultano proprio le incognite dei tuoi problemi.
Per semplicità ho trascurato il discorso sulle risposte in frequenza (in pratica un transistor lavora "bene" se le frequenze appartengono ad un certo intervallo, al di là del quale le sue prestazioni calano fino a diventare nulle). Ma questo penso che lo affronterai più avanti.
Come testo consiglio "Circuiti per la Microelettronica" (Sedra Smith), un vademecum per gli elettronici.
ciao